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ARTISTA DEL MESE
Paolo Pellegrini

1. DOMANDA: Sei una persona piuttosto eclettica avendo vari interessi a livello culturale. Come sei arrivato alla pittura?

RISPOSTA: Fin da piccolo, ho sempre disegnato e dipinto. Già dalle elementari andavo nei bar del mio paese, imbracciando l’album da disegno, per chiedere alle persone se potevo fare loro il ritratto. Loro si divertivano e alla fine me lo pagavano 200 o 300 lire e se lo portavano a casa. In campagna ricordo che tagliavo le pale dei fichi d’India e costruivo piccoli carretti per giocare con i miei fratelli. Tutt’oggi la mia maestra d’asilo mi ha confidato di conservare ancora gelosamente alcuni miei disegni. Per me dipingere è stato da sempre normale e naturale, come mangiare, respirare, giocare. Questa passione mi ha portato a proseguire gli studi in ambito artistico, frequentando il Liceo artistico e diplomandomi all’Accademia di Belle Arti di Brera, e successivamente insegnando Arte.


2. DOMANDA: Cosa intendi esprimere con le tue opere? C'è un messaggio che vuoi portare avanti?

 

RISPOSTA: Premesso che i messaggi che ognuno vuole diffondere cambiano e si evolvono con noi stessi,comprendiamo che ciò che uno vuole dire e comunicare inevitabilmente sarà diverso a 20 anni rispetto ai 60. Negli anni ‘70 mi premeva parlare dell’uomo, delle ingiustizie sociali, dell’assurdità delle guerre. Negli anni ‘80, invece, si contestava il ruolo dell’artista chiuso nella sua torre d’avorio e di conseguenza anche il fare pittura in senso tradizionale veniva preso meno in considerazione. In quegli anni, ho costituito un gruppo teatrale con degli amici dell’Accademia, che mi ha permesso di maturare una nuova consapevolezza del ruolo dell’arte nella società. Con altri giovani artisti e studenti di Architettura, ho occupato spazi inutilizzati (ad esempio vecchie fabbriche come la Brown Boveri a Milano o i Murazzi del Po a Torino), su cui intervenivamo artisticamente relazionandoci in maniera diversa in base al luogo. Il colore lo usavamo, ma non sulla tela. Si scolpiva o si modellava, ma in luoghi altri e non nello studio. Il ruolo dell’artista inevitabilmente era cambiato. Dal 2000, dopo una “intima visione” ho affrontato il tema dell’uovo. L’uovo come seme primordiale che genera il mondo. L’uovo come forma naturale semplicemente perfetta. L’uovo che è origine di tutto. Un uovo cosmico, eterno, enigmatico. L’uovo come metafora dell’uomo che si muove, cerca, spera, ama e sogna. Indubbiamente il messaggio di fondo che ha sempre caratterizzato la mia ricerca artistica nel corso degli anni è l’attenzione verso la bellezza. Un concetto semplice, universale e condivisibile con tutti e sempre.

 

3. DOMANDA: Ci sono particolari complessità tecniche nella realizzazione delle tue opere?

 

RISPOSTA:  Se parliamo di opere pittoriche, con l’utilizzo di colori acrilici, olio, tempera, acquerello, non c’è nessuna complessità tecnica. Utilizzo le varie tecniche in funzione del risultato finale che voglio ottenere. C’è stata qualche complessità nella realizzazione di alcune installazioni, perché per me l’opera deve avere una relazione con lo spazio che la ospita e non deve essere un corpo estraneo inserito con forza in quel luogo. Per quanto riguarda le sculture, dipende dalla tecnica usata.
Prediligendo il legno, non trovo particolari complessità nell’esecuzione delle opere.


4. DOMANDA: Secondo te l'artista quale ruolo dovrebbe avere nella società di oggi?

 

RISPOSTA: Credo che l’artista oggi dovrebbe avere un ruolo - oserei dire - centrale nella società, per sensibilizzare e sottolineare l’importanza che deve avere la bellezza nel mondo. Può essere un concetto forse inflazionato, però è importante per me parlare di bellezza e comunicarla attraverso l’arte. L’arte deve veicolare questi concetti basilari per l’evoluzione umana. La bellezza intesa non solo come un fatto estetico, ma anche come un fatto etico, come concetto di purezza, sanità, completezza umana. Pensare alla bellezza significa anche pensare alla pace, a combattere le guerre, con la consapevolezza che il nostro mondo dobbiamo lasciarlo il più possibile in ordine per i nostri figli.

OPERE

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